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martedì 30 giugno 2015

La musica del vicino è sempre più brutta

Le riflessioni di Alessandro da: http://www.ilbelloallavana.com/
martedì 23 giugno 2015






Al mio vicino di casa piace molto il reggaeton. Non me l'ha mai confessato personalmente perchè io ho imparato la lezione di non socializzare per nessuna ragione, neanche in punto di morte, con dei vicini, ma lo deduco dal fatto che da circa una settimana lo mette. Non lo mette così, di passaggio. Lo mette sempre. A palla. È la colonna sonora della sua vita, della mia e di un'altra dozzina di persone che hanno la sciagura di avere una famiglia allegra nel vicinato. Io mi sento fortunato. Vivo a Playa e la mia casa confina con questa gente e per il resto con banche. In altri quartieri la colonna sonora si moltiplica per quanti sono i vicini. Ogni vicino ha bisogno di una colonna sonora per rendere meraviglioso, sensuale, trionfante, il tempo di cottura dei fagioli o il nulla.
Capisco questo solo in parte. Lo considero un effetto collaterale del vivere qui. In realtà, pensandoci bene, il vero problema non è la musica in sè ma il genere. Quando vivevo a Vedado avevo un vicino solitario e solo, che in certi fine settimana metteva dei boleri strazianti e li cantava ubriaco. Mi piaceva. Era nata una certa intimità tra noi. Lui cantava e il giorno dopo ci salutavamo con stima fuori dalla porta. Lui aveva le occhiaie ed era triste ed io avrei voluto abbracciarlo. C'era una disperazione senza fondo in quel rituale. Non cercava di essere intonato ma gridava a chissà chi una sconfitta, un dolore che non sapeva portarsi dentro. Il reggaeton è sostanzialmente merda. Sentirlo nelle orecchie è una specie di violenza alle proprie emozioni, ai propri sentimenti, alla vita. Un po' come quando ami e sei costretto a modulare questa incredibile e misteriosa emozione che ti attraversa sui percorsi immaginati da Gigi D'Alessio o dai Ricchi e Poveri. Anche l'amore diventa brutto, banale, stupido, il sesso, qualcosa di lurido, un atto veloce e sudato di un mezzo camorrista o di tre poveracci. Quattro se aggiungiamo l'aggravante di Marina Occhiena, che credo sia morta oramai. Detto questo, il reggaeton ha una sua variante gettonatissima che mi fa pensare alla morte più buia: le vocette modificate elettronicamente. Ti ricordi quell'effettaccio che Cher usò per la prima volta nella canzone "Live after love" (mi sa che si chiamava così)? Bene qui sembrano averlo scoperto da poco e ne abusano a tal punto che ci sono cantanti di cui non si conosce la voce reale. Dico sul serio. Nella vita reale potrebbero avere anche la voce di Aldo Giuffrè ma nessuno lo sa. Sembrano idioti fulminati in un microonde. Che cantano. Il reggaeton in generale dovrebbe essere proibito per legge. Non dà una bella immagine di Cuba. Mi dispiace dirlo ma è così. I vari idoli del genere dovrebbero essere impiegati secondo le loro naturali inclinazioni: autisti d'autobus, buttafuori, monnezzari, lenoni, raccoglitori di lattine. Non è solo un problema di volgarità, che già basterebbe, ma il fatto che questi ceffi scavano e sguazzano in tutto ciò che la rivoluzione ha cercato di estirpare in decenni di lavoro: idiozia, materialismo, machismo, bullismo, pregiudizio e di nuovo idiozia. Capisco che è un fenomeno ad uso quasi esclusivo delle classi più basse e incolte del paese ma capisco anche che somministrarglielo senza controllo mantiene quelle classi basse e senza futuro. Senza contare che poco a poco questo tipo di musica sta modificando il gusto di tutti gli altri. Quando iniziò ad andare in onda Drive In in Italia nessuno pensò che avrebbe guastato il gusto e la comicità di tutti. E ora ci troviamo a considerare Crozza uno bravo che fa ridere.


A Cuba si ballava anche prima del reggaeton. C'erano la salsa, il merengue, la rumba, il mambo, il danzon. C'erano cantanti e gruppi che conoscevano il senso del pentagramma, musicisti, gente che aveva per le mani strumenti reali e li sapeva usare. Oggi questi quattro poveracci mettono una base elettronica, dicono due coattate piene di minacce verso qualche parigrado e fanno musica. Anche prima si era tristi, a volte disperati e soli, ma voglio pensare che avesse più profondità, più poesia forse, accompagnare le passeggiate nei propri baratri personali con una musica che non ti rubava l'anima. E neanche quella del vicino che cerca di scrivere, santo dio.

Recuerda Gutierrez?


Il Re dell'Avana
1999 - Edizioni e/o, pag.249




Con Il re dell'Avana Gutiérrez narra la storia d'amore infelice di due giovani cubani cresciuti nella strada, che cercano nel sesso l'unica via di riscatto a una vita di miseria ed emarginazione. Una Cuba contraddittoria: sensuale e affamata, stremata e vitale.


***
l'inizio...
I
Quell’angolo di terrazza era il più lercio di tutto l’edificio. Appena cominciata la crisi, nel 1990 , lei aveva perso il suo lavoro di donna delle pulizie. E aveva fatto come tutti gli altri : si era procurata qualche pollo, un maiale, alcuni piccioni. Si era fatta delle gabbiette con delle tavole di legno marcio, pezzi di lamiera, spezzoni di travi e fil di ferro. Un po’ ne mangiavano e gli altri li vendevano. E avevano tirato avanti, nel puzzo e nella merda di tutti quegli animali. A volte l’acqua mancava per giorni. Allora lei sgridava i bambini, li buttava giù dal letto appena faceva giorno e a schiaffi e spintoni li mandava giù, quattro piani di scale, a prendere qualche secchio di acqua da un pozzo che, incredibile ma vero, si trovava proprio lì all’angolo, coperto da un tombino delle fogne.
***
frammenti...
Erano le sette di sera, ma il sole era ancora alto e rovente. Camminò piano, e quando fu davanti all’ hotel Deauville si fermò a riposare seduto sul muretto. C’era poca gente. Di notte quel posto è pieno di jineteras, finocchi, travestiti, drogati, provinciali che non capiscono niente, segaioli, venditrici di manì, puttanieri che vendono rum e tabacco adulterati e cocaina pura, puttanelle appena importate dalla provincia, musicisti di strada con chitarre e maracas, venditrici di fiori, risciò con i loro conducenti tuttofare, poliziotti, aspiranti all’emigrazione. E ancora donne infelici, vecchie, bambini, i più poveri fra i poveri, la cui unica occupazione consiste nel chiedere instancabilmente l’elemosina. Quando un turista incauto e immalinconito atterra in mezzo a questa fauna poco aggressiva, ma furba e convincente, in genere cade in trappola, affascinato. Decide di comprare rum o tabacco di merda, fermamente convinto che sia tutta roba buona, originale, e si sente un tipo davvero sveglio e fortunato. A volte nel giro di qualche mese sposa una di quelle splendide ragazze, o si mette con uno di quei giovani segaioli. Dopo tante prodezze il nostro turista garantisce agli amici in patria di aver raggiunto la vera felicità, sostiene che la vita ai tropici è meravigliosa e che gli piacerebbe investire quaggiù i suoi risparmi e comprarsi una casetta vicino al mare per viverci con la sua negretta graziosa e compiacente, abbandonando per sempre il freddo e la neve e senza più vedere le persone educate, precise, calcolatrici e silenziose del suo paese. Cade insomma in un trance ipnotico, ed esce dalla realtà.

“ Uhm, tutto è possibile dove ci sono i soldi” pensò Rey. Si alzò e si avvicinò al giardiniere.
“ Socio, dammi un po’ d’acqua per lavarmi la faccia”.
“ Quello di cui hai bisogno è una bella doccia completa, ma con tanto di sapone e di striglia. Fatti in là, che mi passi i pidocchi”.
“ No, non ce li ho; li ho avuti, ma adesso non ce li ho più”.
“ Ah ah ah!”.
Rey si sciacquò la faccia e rimase a osservare il tipo. Poi gli venne un’idea .
“ Fratello , ci sarà mica qualcosa da fare anche per me, da queste parti?”.
“ Per te? Non credo proprio”.
“ E perché? Sono forte: ho lavorato come scaricatore, come..”.
“ Capisco. Ma qui ci vogliono i requisiti. Questa è Area Dollaro”.
“ Sarebbe a dire?”.
“ Area Dollaro. Non sei cubano?”.
“ Credo proprio di sì”.
“ Credi?”.
“ Uhm “.
“ Ah”.
“ E che tipo di requisiti ci vogliono?”.
“ Ecco: bisogna essere laureati, militanti del partito, aver meno di trent’anni e parlare almeno una lingua straniera”.
“ Cazzo! “.
“ Il mese scorso assumevano venti persone, e se ne sono presentate trecento. Tutte con i requisiti completi. Da ogni angolo del paese”.
“ Che posti erano?”.
“ Di tutti i tipi. Io per esempio sono ingegnere civile, sette anni d’esperienza lavorativa. E parlo correntemente inglese francese”.
“ Un ingegnere come giardiniere? Ma è un lavoro che potrei fare anch’io”.
“ Ma figurati! Tu non avresti la minima possibilità di essere assunto. E adesso è meglio che te ne vada. Nemmeno un piede ti ci lascerebbero mettere ,qui!”.
“ Sì, me ne vado, però … cazzo, è che ho una fame boia!”.
“ No, non qui non c’è niente che possa fare al caso tuo. Vattene ora, fila! Se ti beccano le guardie dell’albergo ti buttano fuori con le maniere dure”.
“ Dov’è che gettano l’immondizia?”.
“ E se ti beccano a frugare nell’immondizia… Beh, sono fatti tuoi. In quei contenitori là in fondo; ma guarda che io non ti ho detto nulla. La cosa non mi riguarda”.
“ Cazzo, compare, lasciami vivere !”.
“ Io non ti sono affatto compare. E non ti voltare nemmeno a guardarmi”

Cuba, Milioni di Turisti Cinesi Pronti all’Invasione


di  Matteo Sapienza scritto il 28 giugno 2015



Estate 2015: migliaia di persone da tutto il mondo visiteranno Cuba. Perché? Dopo 55 anni l’embargo, el bloqueo, con gli Stati Uniti e i loro alleati è finito. Per vivere la cultura castrista originale, per conoscere la gente di Cuba, ammirare le sue architetture bisogna quindi fare presto: la paura, fondata, è che multinazionali, investitori, ma soprattutto turisti completino in breve tempo l’opera di  occidentalizzazione iniziata dai villaggi turistici negli anni ’80.

Veri protagonisti di questo cambiamento saranno gli oltre 100 milioni di turisti cinesi, che ogni anno scelgono una rotta internazionale per i loro viaggi. Il governo cubano non vuole certo perdere questa occasione. ll gruppo turistico Gaviota per esempio ha in programma l’ampliamento della flotta di navi turistiche e la costruzione di 55 nuovi hotel, per avere almeno altri 85mila posti letto da qui al 2020. Nel frattempo video promozionali sottotitolati in cinese sono già stati prodotti e lanciati su YouTube.

L’obiettivo del Ministero del Turismo è quello di veder aumentare velocemente i 28mila turisti cinesi che ogni anno visitano Cuba. Mentre Europa, Stati Uniti e Sud Est asiatico rappresentano concorrenti agguerriti, con strutture e personale già preparato per accogliere i visitatori mandarini, Cuba ha dalla sua tre elementi unici che potranno effettivamente candidarla a meta privilegiata del turismo cinese:

1. La sua posizione strategica. Cuba è per la Cina, quello che Taiwan e Giappone sono per gli USA nell’Estremo Oriente, ossia un avamposto politico-economico nelle acque più prossime del temuto avversario.

2. Pechino è il maggior creditore dell’isola caraibica. In questo senso va interpretato il recente investimento di 460 milioni di dollari nella creazione di 13 nuovi resort. Sarà il lusso a fare da traino, come testimonia il progetto del campo da golf più grande dell’isola da parte di una compagnia cinese, Beijing Enterprise.

3. Spiagge, divertimento, ma anche cultura. Perché per i cinesi Cuba è la patria del comunismo Made in America, patria di eroi come Che Guevara e Fidel Castro.




La rinascita economica di Cuba passa dal turismo, ma soprattutto dai sogni della nuova classe media cinese. Non resta che realizzarli.

martedì 23 giugno 2015

Festa del Padre e raduno tradizionale di moto al cimitero di Colón

da: http://ilvecchioeilmare.blogspot.it/



lunedì 22 giugno 2015


A Cuba la terza domenica del mese di giugno, si festeggia la festa del papà e come è tradizione fin dal 22 giugno del 1961, giorno del suo funerale, un gruppo di motociclisti in rappresentanza di tutti i centauri cubani si ritrovano al cimitero di Colón per rendere omaggio al decano dei meccanici della Harley Davidson, Pepe Milèsimas oriundo di Ortigueira (La Coruña - Spagna) 
che giace nel mausoleo eretto dagli emigrati di questa località e loro discendenti. Il raduno che agli inizi vedeva partecipare soltanto possessori di questa marca di motociclette, si è ampliato ad un "pubblico" più vasto di centauri. Così come oggi partecipano motociclisti che all'epoca della morte di Pepe non erano ancora nati.

giovedì 18 giugno 2015

Roma, Italia, Cuba, mondo.

da: http://www.ilbelloallavana.com/    


Cuba Italia
È difficile spiegare lo strano rapporto che si ha con l'Italia vivendo all'estero. Fra due settimane torno a Roma per una quindicina di giorni ed è un evento che si fa sentire. L'Italia si muove come una malattia autoimmune. Per lunghi periodi rimane sotto pelle ma sai che c'è ed ogni tanto torna in superficie. Fenomeni strani. Inquietudini. Stanotte ho sognato la perifrastica passiva e non so sinceramente cosa voglia dire se non che, in fondo, sono rimasto a cazzeggiare sempre fra i banchi di un liceo della capitale. Due giorni fa ho guardato un dvd che mi ha regalato un'amica italiana sulla trattativa stato-mafia, di Sabina Guzzanti. Niente di inimmaginabile ma, certo, quando lo vedi così, spiattellato come in un documentario sugli elefanti, fa un certo effetto.  Forza Italia sarebbe stato un partito nato dalle intuizioni congiunte di mafia, massoneria e destra eversiva. Ma va?

Poi ieri mi sono ritrovato per una mezz'ora al telefono col mio amico Maurizio a fare la formazione della Roma 2015/2016. La nostra formazione. Un budget di circa un miliardo di euro e, per dirne una, Ibrahimovic in panca a fare la riserva a Messi e a Ronaldo. Facile. Ossessioni e perversioni. L'Italia c'è sempre. C'è nella comunità che guardi di sbieco. Con diffidenza. Nelle categorie con cui seppellisci facce o anche soltanto modi di essere: fascista, mignottaro, mignottaro e fascista, idiota, imprenditorino-di-questo-cazzo, pensionato squallido, monnezzaro, leghista, meridionale, comunistello. Li conosco troppo bene. Non ce la faccio. Amo l'apertura di credito dei cubani che guardano certi esseri umani, che ci guardano, senza filtri. Italiani, e questo gli basta. A me no. Io no. Basta un'occhiata e so tutto. L'Italia dicevo. Quel nervo scoperto o quell'articolazione che torna a far male con i cambi di tempo. Cose che sei costretto a mettere in cantina perché se le tieni in salotto finisci disperato. Tua madre, tuo fratello, tua sorella, la Roma, cappuccino e cornetto, parlare romano, Totti, alcuni amici a cui dire "bella" o "se beccamo", parole a cazzo di cane. Ma anche quella bruttezza che ti ha fatto scappare. Un mondo scomodo. Essere troppi e traditi. Non essere più romani in fondo, non essere più qualcosa. Una somma infinita di diritti ragionevoli a costruire un mondo irragionevole e inabitabile. I figli di troia, le file in macchina, le donne che hanno perso la vena della loro femminilità, i troppi tatuaggi, il botulino, le radio private, le donne che bevono troppo, troppa palestra, le depilazioni, i maxiscooter, gli smartphone, i romeni che vogliono fare gli italiani, gli italiani che vogliono farsi le romene, una sinistra imbarazzante, il culto per gli animali domestici, le degustazioni di vini, il lardo di Colonnata, la rucola, le diete, il fisico (la parola di chi ha paura del corpo), le cannette, i "so' tre etti, lascio?", gli agriturismi, le App utili, quelle spiritose, Crozza, Fazio, Lapo. Ok, finisco sempre a cercare le ragioni di un allontanamento e non è difficile trovarle. Poi, quando sono a Roma, tiro fuori a me stesso le solite formule: "a Roma è bello fare i turisti"; "Lontano da questa follia". Ma rimane sempre una certa amarezza. È quella che ti rende inquieto quando sei qui e stai per tornare. Cuba, certo, paese incredibile, gente incredibile. Un luogo dove sono felice. Ma dall'altra parte c'è l'anima. La lingua. Un linguaggio privato che è diventato un labirinto e ti ci perdi, e quando torni ti ci ritrovi, ed ha creato la forma dei tuoi pensieri. La tua chimica, i tuoi odori. Quelli non hanno sostituti. Puoi solo metterli in uno scatolone e  stiparli in cantina. E chiudere a chiave per non vederli, perché fanno male. Per non farli scappare perché sei tu stesso.

lunedì 8 giugno 2015

UN OPINIONE: Che delusione la finta primavera cubana

Da:  il giornale.it

Altro che disgelo: il regime seguita ad arrestare artisti, blogger, e intellettuali. Il vero obbiettivo dei fratelli Castro? Arricchire i cittadini col turismo americano



Paolo Guzzanti - Sab, 06/06/2015 - 

Ricordate l'annuncio del disgelo fra Stati Uniti e Cuba, quando tutti sperammo che il muro dell'Avana sarebbe caduto? Bene, avevamo sbagliato a sperare: a Cuba il regime seguita ad arrestare artisti, blogger, e intellettuali come Tania Bruguera, ammanettata per aver letto in strada «Le origini del totalitarismo» di Hannah Arendt.

È così emerso il vero contenuto del prodotto di Obama e dei fratelli Castro, sotto la regia di Papa Francesco. Ai cubani viene ora lanciato l'invito che il primo ministro francese Guizot rivolse ai suoi concittadini nel 1848: «Arricchitevi».


Se Guizot si rivolgeva a una Francia ugonotta e operosa, Raul Castro e suo fratello Fidel propongono ai loro connazionali di arricchirsi col turismo americano. In questo progetto non c'è spazio per i diritti civili, né per la libertà di stampa. Il partito comunista al governo uno è e quello resta. La polizia politica seguita ad usare manette e manganello, mentre gli Usa si impegnano a far affari e lasciar correre, con qualche rimbrotto formale. La comunità cubana in esilio frustrata e tradita è scesa in strada a Miami accusando Obama di aver svenduto la speranza della libertà agli operatori turistici. Tutti ricordano del resto il fuorionda di Raul Castro con un giornalista: «Chi vuole parlare con Cuba deve passare attraverso di noi, non attraverso i dissidenti». Il regime è dunque più spavaldo e il futuro è più chiaro: Cuba sarà una minuscola Cina dei Caraibi con zero democrazia e molti nuovi ricchi, non troppo diversa da quella del dittatore Fulgencio Batista che i fratelli Castro misero in fuga nel 1959. Tanta rivoluzione, per nulla.