da: http://ilvecchioeilmare.blogspot.it/
Ricevo,
dall'amico Luca Lombroso, presente a Parigi e pubblico, questo articolo
riguardante il cambio climatico del nostro pianeta.
Cop21 a Parigi, l’Occidente prenda Cuba come esempio
Secondo il Wwf, fonte davvero poco
sospettabile di “filocastrismo”, Cuba rappresentava, nel 2006,
l’unico Paese al mondo a soddisfare entrambi i criteri previsti per l’accertamento
della sostenibilità di un dato sistema. I criteri in questione
sono i seguenti. Da un lato lo sviluppo umano deve essere superiore allo 0,8,
mentre dall’altro l’impronta biologica delle attività umane deve essere
inferiore all’ 1,8.
Secondo i dati contenuti nel Living
Planet Report, redatto annualmente dalla prestigiosa organizzazione
ambientalista, Cuba presentava nel 2006 al tempo stesso un indice dello
sviluppo umano pari a 0,82 e un’impronta biologica pari a 1,5. Nel 2012 l’impronta
biologica era salita all’1,9, mentre, secondo gli ultimi dati disponibili relativi allo sviluppo umano, che
risalgono al 2013, l’indice
dello sviluppo umano era pari a 0,815. Si tratta di variazioni poco
significative e tale evoluzione conferma il valore esemplare dell’esperienza
cubana, attestato, fra l’altro, dal Programma delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo (Pnud).
Ciò costituisce il risultato
delle politiche di pianificazione sociale ed ambientale promosse
ed attuate nel quadro del sistema socialista cubano, che richiedono un
controllo penetrante delle attività economiche e consentono la soddisfazione
dei diritti sociali. Un sistema davvero atipico nel presente contesto
mondiale purtroppo ancora dominato dal turbocapitalismo neoliberista,
sebbene quest’ultimo sia in crescente crisi e si riveli sempre meno capace di
soddisfare i bisogni umani fondamentali.
La questione ambientale, in
particolare, sta diventando sempre più inquietante e determinante. Tutti gli occhi sono rivolti a Parigi e alla Conferenza mondiale sul
clima, ma, alla
luce degli scarsi risultati raggiunti dalla comunità internazionale in
precedenza, lo scetticismo è più che giustificato. Tanto
più che il governo francese ha strumentalizzato le recenti stragi
terroristiche per vietare lo svolgimento della marcia. Un segnale inquietante, che conferma come la
limitazione dei diritti democratici, il degrado ambientale e sociale e la
crescita delle guerre e del terrorismo costituiscano tendenze che marciano di
pari passo verso l’estinzione dell’umanità o quantomeno la fine della civiltà.
La situazione ambientale mondiale si
presenta d’altronde sempre più compromessa. Dalle morti premature per inquinamento in Italia ai disastri ambientali in
Brasile, dove mi trovo attualmente, ovunque è sotto accusa un sistema
politico che lascia carta bianca alle imprese, senza neanche introdurre blandi
controlli. In Italia il governo Renzi sta smantellando molte
normative ambientali, forse nell’ingenua illusione di poter in tal modo
agevolare la ripresa economica che non arriva, ma, più probabilmente, nella
salda certezza che conviene sempre e comunque appoggiare i poteri forti.
I dati che provengono da Cuba
dimostrano invece come sia possibile combinare sviluppo umano e
salvaguardia ambientale. Un piccolo Paese, soggetto da oltre cinquant’anni
a un blocco economico e povero di materie prime, può dare una lezione di
sostenibilità a tutti, dai paesi industrializzati, che hanno
in buona parte distrutto la natura propria e di molti altri Paesi, alla Cina,
che continua a registrare livelli elevati di inquinamento nonostante i passi
avanti compiuti di recente, ai paesi latinoamericani, che
continuano a praticare forme eccessive di estrattivismo con costi ambientali e
sociali elevati.
Oggi sono in molti a temere
che il recente disgelo fra Cuba e Stati Uniti possa preludere a un arrivo in massa di
capitalisti più o meno selvaggi sull’isola. Il pericolo oggettivamente
esiste. Ma bisogna essere fiduciosi nella capacità del popolo e del
governo cubano di tenere sotto controllo anche questo processo di apertura,
ricavando i dovuti benefici dallo scambio economico senza buttare a mare le
conquiste realizzate in oltre cinquant’anni di socialismo.
Tutti gli Stati, a prescindere dalla
loro collocazione geopolitica e dal loro livello di sviluppo, dovrebbero invece
riflettere sull’elementare verità affermata da questa esperienza, e
cioè che è possibile coniugare livelli soddisfacenti di benessere
sociale e la tutela della natura solo esercitando un controllo ferreo
sulle attività economiche, restituendo in tal modo ai popoli, mediante
le loro rappresentanze politiche, il diritto a guidare lo sviluppo
dell’economia e della società verso mete effettivamente condivise, che
prescindono ovviamente dalle bulimiche ansie di profitto degli attuali
playmaker dell´economia e della politica mondiale. Quali forze politiche
italiane sono oggi in grado di fornire una risposta convincente su questo
piano?
luca lombroso
luca@lombroso.it