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giovedì 28 agosto 2014

Wendy Guerra. Fotografia d’estate

Da tellusfolio





16 Agosto 2014

È arrivato luglio, e con esso, la trasparenza dell’estate, la luce di Cuba riproduce con nitidezza tutte le immagini che ho custodito in silenzio.
Il colore del calore, il sole che ondeggia sul paesaggio fino a deformarlo nella sua calura, fino a che poi l’ombrello del cielo si rompe infradiciandoci in piena strada… ed ecco il plotone di ragazzi, a navigare su chivichanas d’argento, a far mulinelli con le ciabatte nel fiume del marciapiede… eccitati ancora una volta dal primo temporale di luglio e dalla Conga di un Carnevale perso nella memoria. Anche se non ci sei, il mio corpo rammenta il sapore del mango sulla tua bocca che assaggia il tropico acerbo, iodato e dolciastro, all’imbrunire lo scontro con un arcobaleno salmastro che a furia di spintoni ti fa uscire dal mare, perché i lampi e la bocca tagliuzzata, le dita rattrappite, i tremiti, la fame e la sete annunciano che sta scendendo la notte; a casa ti stanno aspettando o no… ma è tardi… bisogna uscire dall’acqua. È la luce eterna dell’estate la responsabile di questa vivida confusione di eternità che vive nel mio corpo.
Io ero la bambina dei brutti voti, dei ripassi, degli straordinari e dei sussulti per arrivare “a stento” a essere promossa in questi stessi primi giorni di luglio.
Poi quei celebri sorteggi di giocattoli (básico, no básico y dirigido) e in seguito il congedo dagli amici che si sparpagliavano per tutta l’isola a trascorrere le vacanze con la famiglia dispersa all’interno o nella capitale.
Gli stessi giocattoli, il caso di quella apparente lotteria fortuita, dividevano i bambini in classi e caste sociali. Quei figli di ministri o segretari, militari, funzionari o agenti segreti, che si stabilivano per tutto l’anno a Varadero, e perfino alcuni privilegiati figli di re socialisti (?) che uscivano da Cuba in vacanza per tornare a raccontarci come era il mondo fuori a 9 anni. Con quale permesso, quale denaro? Non lo seppi mai.
Al rientro da queste estati sì che smettevamo di essere uguali. Nel bel mezzo di tutte le crisi cubane spuntavano gli zainetti colorati, le biciclette dorate, i jeans, le calcolatrici moderne, le penne e i pastelli a cera, le gomme da cancellare profumate alla frutta, i cestini della merenda con prosciutto e bibite doppie e persino le fantastiche avventure di oltremare iniziavano, poco a poco, a dividerci per classe e importanza sociale. Allo stesso tempo i nostri leader e i cartelloni pubblicitari che li raffiguravano insistevano nel dire che qui TUTTI eravamo UGUALI.
Queste menzogne e questi atteggiamenti duri riempirono di un odio controllato e silenzioso diverse generazioni aperte alla lotta. Costrette a segmentarsi. Atti di ripudio, morti, separazioni, scontri, fucilazioni, annegamenti, urla, rabbia e insulti coprirono di piaghe le nostre storie personali. Ad alcuni non fu permesso tornare, ad altri non fu permesso partire.
Il mondo intero è stato testimone del nostro spettacolo internazionale di odio cubano, e dalle loro differenti tribune, siamo stati identificati come gli eterni fratelli-nemici.
Durante la mia infanzia “essere diverso” era un marchio, desiderare che i tuoi figli vivessero un’altra realtà un tradimento alla patria. Chi determinava nella nostra infanzia il concetto di patria? Era o è TUTTA la patria uno stesso governo? Patria è qualcosa in più.
La fine della scuola (a luglio) rappresentava anche la fine degli affetti, perché a settembre forse quel (la) nostro (a) amichetto (a) sarebbe stato (a) iscritto (a) a un’altra scuola al di fuori delle acque territoriali… e noi ci perdevamo 20 o 30 anni delle nostre vite. In quegli anni, a causa di un decreto muto ma ben noto, non era possibile avere alcun contatto con loro, quelli che oggi chiamiamo gusanos, perché la loro ideologia disertrice avrebbe potuto contagiarti e portarti dalla parte del NEMICO. Ci fecero credere che stavamo resistendo in un luogo assediato e che qualunque passo o movimento al di fuori da esso avrebbe potuto condannare un popolo intero. Un atto di affetto si trasformava in un atto di morte collettiva. Così siamo stati cresciuti, formati, educati o istruiti.
I nostri compromessi ci hanno trasformato in una generazione che odia i compromessi. Siamo stanchi di legami imposti. Più di ogni cosa perché questo compromesso non lo abbiamo stabilito noi, ma i nostri genitori e i nostri nonni.
Quella Cuba di giocattoli ci si è disciolta davanti agli occhi, luglio dopo luglio chi ha avuto l’opportunità di partire definitivamente ci ha abbandonato, e lontano da qui i nostri coetanei hanno ricostruito le loro vite, le loro famiglie, i loro destini.
In questa foto due bambini (di sangue cubano) nati fuori dall’isola si donano un po’ d’amore. Il loro essere cubano viaggia nell’universo sentimentale che li ha uniti, un nido estetico, filiale, sensoriale, genetico che li ha fatti rincontrare… il loro legame non è un ostacolo, è un attributo referenziale, un punto di partenza. Questa bambina con i bigodini ignora (per fortuna) che (per alcuni), durante la mia infanzia, poteva essere vista come un nemico.
Loro lo ignorano, perché nonostante tutto il dolore, il tempo cancella i rancori e i malintesi. Questo bambino che la bacia teneramente infonde candore, è l’espressione di Pace e Amore di cui tanto abbiamo bisogno da quella prima estate della mia vita. Non c’è miglior cura di questo bacio.
Oggi ricevo con emozione la foto scattata da Luis Soler, in cui il suo figlioletto bacia una sua amichetta, e vedo chiaramente che l’odio e la separazione sono l’antonimo che riunisce questa nuova generazione di piccoli cubani che anziché addio e arrivederci possono dire sto qui con te, per sempre uniti nelle nostre differenze; si baciano, si vogliono, si ritrovano per placare insieme le piogge che un giorno separarono me da Luis.
Questa è per me la fotografia di questa estate 2014. Questi sono, lo so, gli anni decisivi per la fine dell’odio.

Wendy Guerra
(Habáname, 1° luglio 2014)

Traduzione di Silvia Bertoli

giovedì 21 agosto 2014

CUBA: RITORNANO I RUSSI, RIAPERTO IL CENTRO DI SPIONAGGIO ELETTRONICO DI LOURDES

  di  Luca Pistone.  Scritto  il  17 luglio 2014  alle  6:00.



La Russia riaprirà a Cuba il centro di spionaggio elettronico di Lourdes, chiuso nel 2001, dopo un accordo siglato durante la visita realizzata la scorsa settimana nell’isola caraibica dal presidente russo Vladimir Putin.cubaambasciatarussa

Lo riporta il quotidiano russo Kommersant, che cita fonti vicine al Cremlino e ricorda che il centro venne chiuso 13 anni fa per la difficile situazione economica della Russia in quegli anni e per le reiterate richieste degli Stati Uniti.

“Le nostre relazioni (con gli Stati Uniti) si sono deteriorate molto prima della crisi in Ucraina. In realtà non sono mai migliorate, salvo alcuni periodi specifici che sono stati l’eccezione alla regola”, segnala un alto funzionario della sicurezza russo per spiegare l’interesse di Mosca per le comunicazioni di Washington.

Il sofisticato complesso di radar, capace di captare segnali elettronici a quasi 2 mila chilometri di distanza e coprire quasi tutto il territorio statunitense, è stato installato nel sobborgo di El Wajay, a sud ovest di L’Avana, nel 1964, al culmine della presenza militare sovietica a Cuba.

Ampliato e modernizzato dopo la disintegrazione dell’Urss, “oggi la sua utilità è anche maggiore, perché a differenza di allora la Russia non ha mezzi di spionaggio elettronico nello spazio e le sue capacità per intercettare le comunicazioni tramite la flotta sono di gran lunga inferiori”, osserva Kommersant.

Costruito dal servizio di intelligence militare sovietico (Gru), il centro di Lourdes permise all’Urss di intercettare i piani di Washington contro l’Iraq nel 1991.


Un colonnello disertore del Kgb rivelò nel 1998 l’entità delle attività del centro dichiarando che, dopo l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990 e la campagna Desert Storm nel 1991, Mosca spiò da Lourdes i piani bellici della coalizione internazionale che invase il paese arabo. Secondo i servizi segreti occidentali, da Lourdes era possibile “intercettare fax, telefonate e comunicazioni informatiche”.

mercoledì 20 agosto 2014

Il primo voto contrario al Parlamento di Cuba



Per la prima volta dall'inizio della rivoluzione qualcuno ha votato no: è stata Mariela Castro, figlia di Raúl, riguardo i diritti degli omosessuali e dei transessuali

20 agosto 20140

Mariela Castro, 53enne figlia del presidente di Cuba Raúl Castro e attivista per i diritti degli omosessuali, ha votato contro una proposta di legge esaminata dal parlamento cubano lo scorso 20 dicembre 2013 relativa alla discriminazione di genere sul posto di lavoro. La notizia è circolata solo nelle ultime ore. Si tratta di un fatto piuttosto inusuale: il parlamento cubano tiene due sessioni all’anno ed è – per lo meno – molto raro assistere a decisioni che non siano prese all’unanimità. Associated Press scrive che nessun esperto contattato dall’agenzia «è in grado di ricordare un altro “no”»; Carlos Alzugaray, uno storico e un ex diplomatico cubano, ha detto all’agenzia che «questa è la prima volta, in assoluto». La notizia si è diffusa solo recentemente perché la legge è entrata ufficialmente in vigore quest’estate.
La legge in questione vieta le discriminazioni sulla base dell’etnia, del genere o delle preferenze sessuali dei lavoratori. Sul blog di un attivista a favore dei diritti della comunità LGBT, Mariela Castro ha detto che non ha potuto votare a favore della legge perché questa non prevedeva «la certezza che i diritti di persone con una differente identità di genere venissero esplicitamente riconosciuti», facendo riferimento ai transessuali. Nella legge sono inoltre assenti riferimenti ai lavoratori malati di AIDS.
Cuba è dal 1959 una dittatura comunista e negli anni Sessanta e Settanta circolava parecchia ostilità nei confronti delle persone omosessuali. Il GlobalPost scrive che capitava che fossero «imprigionati per essere “rieducati” oppure etichettati come traditori, poiché non rispettavano la definizione di Che Guevara di “uomo nuovo” che avrebbe fatto progredire la nazione». Praticare “atti omosessuali”, a Cuba, è legale solo dal 1979. Fidel Castro, leader rivoluzionario e presidente di Cuba dal 1976 e al 2008, in un’intervista del 2010 disse che la persecuzione delle persone omosessuali fu «una grave ingiustizia» che avvenne unicamente perché a quel tempo era distratto da altre questioni più gravi e non poté occuparsi del problema.
Mariela Castro è attualmente a capo del Centro nazionale cubano per l’educazione sessuale, e da anni è la più nota attivista cubana in favore dei diritti per la comunità LGBT. Nel 2008 riuscì a fare approvare al parlamento cubano una legge che fornisse la possibilità ai cittadini cubani di sottoporsi a un intervento chirurgico per cambiare sesso (oggi l’operazione è coperta gratuitamente dal sistema sanitario cubano). Da anni Castro si dice favorevole all’introduzione delle unioni civili per gli omosessuali. Nel 2013 l’associazione internazionale per i diritti degli omosessuali Equality Forum le consegnò un premio come “promotrice internazionale del riconoscimento della comunità LGBT”. Nello stesso anno Castro organizzò una manifestazione pubblica contro l’omofobia a l’Avana.
Fanno parte del parlamento cubano 614 deputati, eletti ogni cinque anni. Ciascun parlamentare – che è anche l’unico candidato del proprio seggio – viene eletto se raccoglie più del 50 per cento dei voti. Solitamente i deputati non sono politici di professione, e durante l’anno svolgono altri mestieri: vengono convocati per approvare leggi già discusse in piccole assemblee di cittadini, sebbene solitamente durante i lavori parlamentari non emergano posizioni contrarie a quelle contenute nella legge in esame. Riguardo il funzionamento del sistema politico del paese, Mariela Castro ha recentemente detto: «ci sono stati dei miglioramenti nel modo in cui vengono discusse le cose al livello base, sul posto di lavoro e nelle riunioni dei sindacati e del partito. Credo però che abbiamo ancora bisogno di perfezionare la partecipazione democratica dei parlamentari all’interno dell’assemblea».

foto: ERIKA SANTELICES/AFP/Getty Images

giovedì 14 agosto 2014

88 anni Fidel!






13 agosto, 2014  



Il leader della Rivoluzione cubana si trasforma 88 anni. (Foto: Roberto Chile)
Combattente irriducibile
Il giornalista tasso di Salvador González Briceño Fidel Castro come “Warrior mille battaglie.” Analogamente detto per anni che “quando Fidel Castro Ruz a parlare su una tempesta. Con varie reazioni.”
Il leader della Rivoluzione cubana, che ha completamente trasformato la storia di Cuba, ha ricevuto le etichette irrevocabili di sinistra rivoluzionaria vocazione irrimediabilmente socialista e persino “ribelli senza causa”; la verità è che nessuno può negare che ha vissuto sotto il suo unico ideale: per difendere la sovranità di Cuba.
Secondo molti storici, Fidel fu molte volte che voleva andare, ma ancora. Egli è l’uomo che ha il più alto numero di attacchi orchestrati dalla CIA. Naturalmente, perché, come presidente e leader della Rivoluzione cubana per decenni, è al di là dei canoni del discorso imperiale degli Stati Uniti. E perché è sempre stato considerato un “cattivo” per la regione latino-americana … Certo, un cattivo indipendenza.

“Chi è incapace di lottare per gli altri non sarà mai abbastanza in grado di lottare per se stesso”

L’atteggiamento di Fidel e le persone che lo hanno sostenuto e che sostengono lo stato severamente punito dal impero americano; che per più di 50 anni in possesso di un embargo economico, politico e commerciale con Cuba. Nonostante questo, il leader persiste nella continuità dei principi rivoluzionari di dare il meglio per il popolo. 
Una vita di insegnamenti

“La storia mi assolverà.”

Questo anno di vita a Cuba viene celebrata in grande stile. Concerti, mostre e dibattiti sono alcune delle attività per onorare il leader rivoluzionario.
I festeggiamenti sono impostato nel contesto della Giornata “Se ho un fratello,” che ha anche dedicato a Fidel Castro definito come il migliore amico di Cuba, il leader della Rivoluzione Bolivariana, Hugo Chavez.
“Fidel è Fidel”, titolava il quotidiano ufficiale “Granma” prima pagina, che ha segnalato l’apertura a L’Avana di una mostra fotografica e audiovisiva regista locale Roberto Cile sulla leader storico della Rivoluzione cubana.
Il quotidiano “Juventud Rebelde”, il secondo più grande circolazione nell’isola, nel frattempo ha pubblicato un articolo intitolato “Ottantotto più ragioni per continuare a lottare per la salvezza del genere umano”, che sottolinea che gli insegnamenti di Fidel ” sono essenziali per salvare il mondo da una catastrofe di proporzioni universali. ”

Onore a chi l’onore è dovuto
Fidel è un personaggio che nessuno può essere indifferente. Oltre ad essere il trasformatore storia finale di Cuba, è forse una delle figure più emblematiche di anti-imperialismo.
In occasione del suo compleanno, il cantante Raul Torres ha dedicato la canzone “Through the Sun” in applaudire la lotta rivoluzionaria di Fidel.A proposito di Raul Torres

* Cantautore della nuova generazione cubana

* Carriera di oltre 20 anni

* Ha condiviso il palco con cantanti come Pablo Milanes


* “Mi piace sperimentare con il jazz e la musica pop, ottenendo una fusione ideale è segnato nel gusto del pubblico, senza che la qualità musicale, cercando di inquadrare la mia poesia con i suoni più contemporanei perduta”.

venerdì 8 agosto 2014

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE A CUBA


 da. Nuke,mollotutto.com

Marco Mazzucchelli vive e lavora a Cuba dove è direttore generale di 2 alberghi

Di Maria Valentina Patanè 12/06/2012


Marco Mazzucchelli vive e lavora a Cuba dove è direttore generale di 2 alberghi.
Dopo un diploma di liceo scientifico e studi d’amministrazione d’impresa all’estero, Marco con il suo spirito di avventura decide di partire per varie mete tra cui Repubblica Domenicana, Juan Dolio, Santo Domingo, Rio S. Juan e infine Cuba dove lavora e risiede attualmente… questa la sua esperienza.



Ciao come ti chiami?
Ciao sono Marco Mazzucchelli e ho 42 anni.

Da quanto tempo  ti sei trasferito a Cuba?
Nel 1996 mi trasferì in Repubblica Domenicana, esattamente a Las Galeras De Samaná, dove ho ancora una casa. Ho vissuto lì fino al 2001, dopodiché mi trasferii a Juan Dolio, per ragioni di lavoro. Da lì a Santo Domingo, dopodiché nuovamente a Samaná; poi a Rio S.Juan e dal 2008 Cuba, dove risiedo attualmente.

Perché hai scelto proprio Cuba per cambiare vita?
Ci ero stato in vacanza ed avevo visto la possibilità di ritagliarmi uno spazio.

Dove vivevi in Italia?
Vivevo a Genova.

Hai studiato e avuto il tuo diploma a Genova?
Sì, ho un diploma di Liceo Scientifico a Genova, e studi di Amministrazione d´impresa  all'estero.

Come mai hai deciso di andare via dall’Italia?
Avevo un desiderio di provare qualcosa di diverso e spirito d´avventura.

E’ stato difficile ambientarsi a Cuba?
All'inizio lo é stato. Avevo solo 26 anni, non conoscevo la lingua e calarsi in una realtà  profondamente diversa da quella Italiana non è stato semplicissimo. Comunque tutte le difficoltà aiutano a crescere.

I tuoi parenti e amici più stretti cosa ti avevano consigliato?
Consigli non me ne hanno dati, o almeno non ricordo. La maggior parte pensavano stessi facendo un errore.


Com’era la tua giornata tipo in Italia?
La mia giornata tipo in Italia... é passato tanto tempo ed ero molto giovane... direi lavoro, la compagnia di amici, la fidanzata, la Sampdoria... non necessariamente in questo ordine.

Di cosa ti occupi ora esattamente?
Sono Direttore Generale di 2 alberghi della Catena Meliá Hotels Internationals in Cuba.

Sei soddisfatto del tuo nuovo lavoro a Cuba?
Molto. Amo il mio lavoro, a prescindere dal fatto che mi assorbe quasi tutta la giornata.

Quali sono i tuoi hobby?

La Pesca subacquea

Vivi da solo o hai una tua famiglia?
Attualmente convivo.


Come ti trovi a vivere a Cuba, lo consiglieresti ad altri Italiani per una vacanza o per viverci?
Per una vacanza assolutamente. Cuba é un paese bellissimo, con sapori autentici ed una cultura che non ha uguali nei Caraibi. Tra l'altro, é molto sicuro; cosa che non si può dire di molti altri posti a queste latitudini. Per quanto riguarda la possibilità di viverci, conosco molti Italiani che risiedono qui, più che altro a La Habana, però ce ne sono in tutte le provincie. Per viverci? Perché no?

Hai avuto difficoltà nel tuo trasferimento a Cuba?
No, comunque é giusto sottolineare che si é occupata di tutto l´impresa che mi ha  contrattato. Sono entrato con un permesso di lavoro.

Come ti immagini tra 20 anni?
Francamente, non ne ho idea. Non amo guardare così avanti nel tempo. Mi auguro la  salute, il resto si vedrà.

Sei rimasto in contatto con i tuoi parenti e i tuoi amici Italiani?
Certo che si! Molti unendo l´utile al dilettevole sono venuti a trovarmi in questi anni ed io torno in Italia in vacanza spesso.

Che ne pensi di Facebook, Skype, ecc… li utilizzi?
Le reti sociali sono vitali nel mio lavoro. A livello personale, uso Facebook…  per le altre  qua  é un poco complicato.

Cosa ti manca della tua città, ne hai nostalgia?
Di tante cose... ovviamente la famiglia e gli amici; certi posti che rappresentano ricordi piacevoli, certi sapori della mia terra... e la mia amata Sampdoria.

Sapresti descrivermi 3 culture di Cuba?
Cuba é il risultato di una mescola di varie culture. Tra le più presenti,
la Spagnola, la Africana e poi tracce di altre, come per esempio la nostra.

Cosa ti piace di più’ di Cuba?
Che il Cubano, nonostante gli enormi problemi con cui convive non perde il buon umore. Un altro aspetto che merita essere citato é il livello culturale della popolazione. Generalmente più alto della media del continente.

Ci vivono molti Italiani a Cuba nella zona dove vivi tu?

Attualmente, vivo in un atollo a 52 km da Caibarien, nella provincia di S. Clara. Ovviamente, qui ci sono solo installazioni turistiche e non ci vive nessuno, eccetto noi che ci lavoriamo.
Nella provincia Italiani ce ne sono, anche se non credo tanti come a La Habana, Matanzas o Holguin.


Quali sono le maggiori differenze di vita che vedi tra l’Italia e Cuba?
Cuba é un paese che soffre da decenni la decisione degli USA di danneggiarlo economicamente, impedendogli accedere ai mercati Internazionali, per cui le ripercussioni nel quotidiano sono enormi.
Ciononostante, o sarà proprio per questo, le relazioni interpersonali sono più vere e sincere. Più che esempi che lasciano il tempo che trovano, la forma di vivere qua  mi ricorda molto quella del paesino di campagna dove andavo in estate da bambino. Tutti che si conoscono e si aiutano; nessuno che si preoccupa di chiudere la porta quando esce di casa. I bambini che giocano in piazzetta o nei prati e le persone che fanno notte parlando, sedute al ciglio della strada.

Sei più tornato in Italia a trovare famiglia e amici?
Diverse volte in vacanza. L´ultima a settembre dell'anno scorso.

Torneresti mai a vivere in Italia?
Mai dire mai, comunque a corto raggio non credo proprio.

EMAIL: marcomazzucchelli69@hotmail.it

Direttore degli alberghi:
Meliá Cayo Santa Maria e Meliá Buenavista, in Cayo Santa Maria


Di Maria Valentina Patanè 12/06/2012

martedì 5 agosto 2014

Cuba. Torna la “crisi dei balseros”, in 40.000 lasciano Cuba ogni anno



L’Avana, 4 ago. (TMNews) – Di fronte a condizioni di lavoro non facili, i cubani continuano a emigrare in massa, venti anni dopo la “crisi dei balseros”, un’ondata emigratoria che vide più di 37.000 persone lasciare l’isola comunista su imbarcazioni di fortuna per raggiungere gli Stati Uniti.

L’emigrazione massiccia avvenne al culmine della crisi economica che seguì il crollo dell’impero sovietico e rappresentò la prima grande protesta popolare contro il regime di Fidel Castro, allora al potere da 35 anni. Essa servì anche a condurre delle trattative segrete con Washington, per creare una politica di immigrazione in vigore tutt’oggi.

Sebbene il peggio della crisi economica sia passato, ogni anno 40.000 cubani emigrano, la maggior parte in maniera legale.

(fonte Afp)


Questa è una notizia dell’agenzia TMNews. 

Cuba, Obama manda giovani latino americani per destabilizzare il regime


È quanto rivela un rapporto i cui dettagli sono stati resi noti dalla Associated Press. I ragazzi avrebbero viaggiato nell’isola sotto copertura con il compito di reclutare attivisti politici.


REUTERS
Il presidente Usa Barack Obama e il presidente cubano Raùl Castro. Le rivelazioni potrebbero intralciare i tentativi sotterranei compiuti da Washington per riallacciare le relazioni con il regime dei fratelli Castro




04/08/2014
Giovani latino americani sono stati inviati segretamente a Cuba dall’amministrazione Obama per fomentare il cambiamento politico. È quanto rivela un rapporto i cui dettagli sono stati resi noti dall’Associated Press.
Il programma risale all’ottobre del 2009 e rischia di intralciare i tentativi sotterranei compiuti da Washington per riallacciare le relazioni con il regime dei fratelli Castro. Tentativi che si sarebbero intensificati dopo la storica stretta di mano tra Barack Obama e Raul Castro in occasione delle celebrazioni per la morte di Nelson Mandela.

In base a un progetto dell’Usaid (l’agenzia Usa per lo sviluppo internazionale impegnata in diversi programmi), giovani del Venezuela, Costa Rica e Perù sarebbero quindi stati inviati nell’isola caraibica con l’obiettivo di destabilizzare il regime. I giovani lavoravano sotto copertura, spesso facendo finta di essere turisti, e hanno viaggiato in tutta l’isola con il compito di cercare persone che potevano diventare attivisti. In uno di questi casi, hanno organizzato un workshop per la prevenzione dell’Hiv, noto con il nome di “The perfect excuse” (La scusa perfetta), uno stratagemma usato per discutere gli obiettivi del programma politico, ma che ha rischiato di mettere in pericolo il programma dell’Usaid per migliorare la sanità a livello globale.

Alla fine, rivela AP, l’incompetenza ha rischiato di farli scoprire, soprattutto quando le autorità cubane si sono insospettite e hanno iniziato ad interrogare chi finanziava i viaggi dei giovani latinos, mettendo in pericolo la loro copertura. Anche perché se fossero stati scoperti nessuno li avrebbe protetti.
«Anche se non c’è mai la certezza assoluta, sappiate che le autorità cubane non cercheranno di farvi del male, solo di spaventarvi», si legge nel rapporto ottenuto dalla AP e relativo alle “direttive” date ai latinos per difendere la copertura. In tutto, quasi una dozzina di giovani hanno aderito al programma per una paga di 5,41 dollari all’ora.

Secondo quanto riferito dall’Associated Press, l’Usaid e l’azienda che gestiva il programma, la Creative Associates International, sono andati avanti nonostante i funzionari americani dissero loro di prendere in considerazione la sospensione dei viaggi a Cuba dopo l’arresto dell’americano Alan Gross, un collaboratore dell’Usaid fermato all’Avana mentre distribuiva materiale elettronico di comunicazione alla comunità ebrea locale e successivamente condannato a 15 anni di prigione per spionaggio.

Le nuove rivelazioni sul programma dell’Usaid giungono pochi mesi dopo che la Casa Bianca si è ritrovata in imbarazzo quando saltò fuori che l’agenzia aveva segretamente finanziato negli anni scorsi una sorta di “Twitter cubano”, noto con il nome di “ZunZero”, per cercare di raccogliere consensi contro il governo dell’Avana. L’ispettore generale sta indagando sul quel programma, chiuso nel settembre del 2012.


«L’Usaid e l’amministrazione Obama sono impegnati a sostenere il desiderio del popolo cubano di determinare liberamente il proprio futuro», ha detto l’agenzia in risposta alle domande sul rapporto della AP. «L’Usaid lavora con gruppi di giovani indipendenti a Cuba su progetti comunitari, salute pubblica, arte e altri progetti coerenti con i programmi per la democrazia in tutto il mondo». La Casa Bianca invece si è limitata a rispondere con un “no comment”, attraverso il suo portavoce Josh Earnest.  

Cuba, quanta libertà religiosa? Un film offre la risposta

 da  La Stampa

La costruzione di una nuova chiesa dopo 55 anni dalla rivoluzione ripropone la domanda






ALVER METALLI (VATICAN INSIDER)

La notizia è di qualche settimana fa. A Cuba è stata autorizzata la costruzione di una nuova chiesa, la prima a cinquantacinque anni di distanza dalla vittoria castrista del 1959, e per giunta sarà finanziata con i soldi dei fuoriusciti cubani che vivono a Tampa. Sorgerà nella cittadina di Sandino uno dei cosiddetti pueblos cautivos creati dal regime di Fidel Castro per allontanare in maniera forzata migliaia di famiglie dai loro luoghi di origine perché accusate di aver preso parte o collaborato alla rivolta dei contadini all’inizio degli anni sessanta nel massiccio montuoso di Escambray.

Il permesso del governo alla costruzione della chiesa, la prima – ripetiamo – a essere edificata ex-novo nel corso della rivoluzione socialista più longeva al mondo si somma a una attenzione altrettanto inedita della stampa di regime al pontificato di papa Francesco, con seguito di manifestazioni religiose trasmesse sulla televisione statale o omelie di qualche prelato nelle radio di partito, le uniche ancora legittimate a trasmettere sul territorio nazionale. Tutto con il contagocce, s’intende, ma sino a poco tempo fa tanto la televisione come la radio erano impermeabili a notizie ed eventi riconducibili al cattolicesimo che pure, a Cuba, è la confessione maggioritaria, anzi in deciso aumento quanto a conversioni, battesimi e altri indicatori religiosi. Solo due giorni fa il veterano cardinale di L’Avana Ortega ha celebrato cinquant’anni di sacerdozio in una cattedrale stipata di fedeli, alla presenza di un buon numero di funzionari comunisti.

Cuba si avvia sulla strada di un riconoscimento pubblico del cattolicesimo con relativa tutela giuridica? Si può continuare nell’elenco delle incipienti trasformazioni. Si osserva da tempo una partecipazione non ostacolata, e talvolta sollecitata, della Chiesa a un maggior protagonismo nella società cubana, soprattutto di carattere formativo. Tante sono le iniziative in questo senso per imprenditori e membri delle nuove cooperative consentite a Cuba dalle riforme economiche avviate da Raúl Castro. C’è poi un attivo centro culturale che porta il nome del sacerdote cubano Felix Varela che dibatte apertamente temi di forte rilevanza politica. Da alcuni giorni circola un fascicolo con gli atti di un convegno che si è tenuto a marzo su temi sensibili. Il titolo è “Fede religiosa, istituzioni e modelli sociali” e spazia dal “futuro del sistema politico cubano” all’”educazione di cittadini virtuosi” passando per nuove “basi per una democrazia con consenso” alla necessità di una “riforma costituzionale” vera e propria.

C’è libertà religiosa a Cuba? Meglio: quanta ce n’è? La risposta non è semplice e certamente non univoca. Un film di recente realizzazione, prodotto da un regista cubano fa discutere. Si intitola “Conducta”, “comportamento”. Nelle prime quattro settimane di programmazione nelle sale cinematografiche dell’isola è stato visto da oltre 300mila spettatori.

È una storia dalla trama politicamente non corretta dove interagiscono Chala, un ragazzino di 11 anni dalla vita difficile, Carmela, la sua maestra, e una terza insegnante – la cosiddetta “metodologa”, colei che deve salvaguardare la conformità della condotta degli alunni ai dettami rivoluzionari – che esige, in nome dei principi della rivoluzione e del materialismo, che il bambino rimuova dalla bacheca di classe la stampa della Virgen de la Caridad del Cobre, la Patrona di Cuba, che ha affisso. Una concessione, quest’ultima, non negoziabile, a differenza di altre su cui la metodologa è disposta a fare concessioni. “Perché no? Perché la stampa della Virgen de la Caridad del Cobre non può essere affissa al murales dell’aula se questo è il posto dove si esibiscono le attività e gli interessi degli alunni?” si chiede Vitral, la rivista cattolica di Pinar del Rio, la seconda diocesi cubana.

Carmela, la maestra, conosce i pregiudizi religiosi insiti negli orientamenti del Ministero dell’Educazione ed è d’accordo che la stampa resti nel murales. Non intende toglierla, difende il gesto del bambino, argomenta che “la Virgen de la Caridad è la madre di tutti i cubani”, che nessuno tra gli alunni si oppone a che rimanga dov’è, e che non c’è conflitto tra religione e patria. Una prospettiva, quest’ultima, che il film pone con coraggio e che per la prima volta viene discussa apertamente e senza reticenze in una piazza pubblica.

Cos’è cambiato a Cuba dopo mezzo secolo e passa di rivoluzione? si domanda Vitral. “Dire che lo stato cubano non si è mosso sarebbe un’accusa falsa giacché l’articolo 54 della costituzione socialista del 1976 affermava il rispetto della libertà di coscienza religiosa dei cubani” osserva la rivista, “un dettato che venne salutato con sollievo dalla Chiesa nazionale e che creava un minimo di ambiente dove respirare, a cui affidarsi nei casi di flagrante ingiustizia antireligiosa”. Ma l’articolo è rimasto lettera morta, constata subito dopo. “Sapevamo bene di essere cittadini di seconda classe nella nostra patria, questa è la verità, questa è la storia. È possibile perdonarla, ma non dimenticarla, perché sarebbe un atto antistorico”.

Il IV Congresso del Partito comunista di Cuba ha tracciato la nuova politica verso la religione, scrive Vitral. “La prima ripercussione è stata la modifica dell’articolo 54 della Costituzione in senso anti-discriminatorio. È stato accolto dai vescovi cubani con beneplacito e molti credenti occulti sono venuti alla luce e hanno riempito le chiese. È iniziato un cammino lungo, spesso difficile, ma meno teso nei rapporti Chiesa-Stato. Un cammino inconcluso, come dimostra l’atteggiamento della metodologa di Conducta che non capisce che bisogna cambiare”.

A Cuba ci sono ancora molte “metodólogas” che non capiscono, come ci sono molte Carmele che sì, capiscono che bisogna cambiare per il bene di tutti. Il film ha un lieto fine: la Vergine della Carità non viene tolta dalla bacheca di classe: “Ha vinto il diritto umano della libertà di esprimere pubblicamente la religione professata” osserva Vitral.

Terre d'America

venerdì 1 agosto 2014

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE A CUBA

Da: http://nuke.mollotutto.com/

Martina dalla provincia di Venezia ai ritmi cubani:
“Il futuro? Me ne preoccuperò quando diverrà presente”

Di Emiliana Pistillo 15/05/2013                                               


Martina è una ragazza piena di vita, di sogni e magnificamente determinata, originaria della provincia di Venezia. Già da piccola si rende conto di vivere in una cittadina che le sta troppo stretta e allora comincia a guardare lontano, comincia a sognare una terra magica. Per dieci anni ha avuto un sogno, Cuba, che con grinta e volontà è riuscita a raggiungere senza mai perdersi d’animo. Ora lavora presso il distributore di auto KIA Motors e materiali per l'industria, Finauto International e sta cercando un dottorato a Cuba per non abbandonare il percorso accademico e formativo portato avanti fino ad ora.
“…Scoprii la vera Cuba, dotata di enormi contraddizioni ma, forse proprio per questo, sempre in grado di stupirmi: povertà ma sanità e istruzione gratuite, città e campagna, generosità e avidità, due valute (CUC ed MN), stranieri e cubani, con o contro il governo, le differenze sociali, etc. Insomma, dopo 30 giorni ritornai con più domande che risposte…”






Dal natio borgo selvaggio
Mi chiamo Martina e sono nata a San Donà di Piave, una cittadina in provincia di Venezia che per molte ragioni non ho mai esitato a considerare il mio "natio borgo selvaggio".  Fin da piccola ho sempre bruciato le tappe, imparando a leggere a soli 3 anni e a scrivere il mio primo racconto breve a 9. Coi miei coetanei sandonatesi non mi sono mai trovata bene, e ricordo le litigate coi compagni di asilo e di scuola come se fosse ieri. Di persone care del paesello potrei soltanto citare mio fratello Riccardo e la mia migliore amica Simona.




L’amore per Cuba
Nelle mie solitudini adolescenziali, cominciai a interessarmi, per caso, dell'America latina e soprattutto del "caso cubano", tanto che me ne innamorai. Iniziai a studiare tutto quel che trovavo sull'argomento Cuba:  cultura, storia, stile di vita e addirittura imparai lo spagnolo da privatista fino ad arrivare al livello C2. Tuttavia, dato lo scarso appoggio dei miei genitori alla causa, la giovane età e la mancanza cronica di denaro, non potevo, all'epoca, effettuare il tanto agognato viaggio verso la Isla Grande.
La svolta alla mia esistenza ribelle arrivò con l'università, vincendo il concorso della Scuola Galileiana di Studi Superiori (www.scuolagalileiana.unipd.it) dell'Ateneo di Padova, una scuola di eccellenza aperta a tutti i folli studiosi come me. In quei cinque anni trascorsi al Collegio Morgagni ho stretto buone amicizie e frequentato un ambiente ben più stimolante di quello della mia città natale.
Il concorso di ammissione alla Galileiana mi fece conoscere il mio primo e attuale ragazzo, Andrea, che entrò poi alla Normale di Pisa, costringendo entrambi a una rocambolesca storia a distanza Padova-Pisa. Grazie ad Andrea imparai a viaggiare, sia in Italia che all'estero, nonché a riordinare i miei pensieri in una forma più sistematica, al di là delle simpatie istintive.

La prima volta a Cuba

Proprio con Andrea partii alla volta di Cuba, nel luglio del 2009, tre giorni dopo il conseguimento della Laurea Triennale in Lettere Moderne. Fu un viaggio di due settimane, fondamentalmente turistico ma non troppo, alla scoperta dei luoghi storici e naturalistici dell'isola, nonché delle sue principali città: La Habana, la capitale; Santa Clara, la città del Che Guevara; Trinidad e Camaguey, gioielli coloniali; Bayamo, città simbolo del Risorgimento cubano dell'Ottocento, contro gli spagnoli; la Sierra Maestra, in cui si rifugiarono Fidel Castro e i suoi guerriglieri per dare inizio alla Rivoluzione cubana; Santiago di Cuba, seconda città del paese, a 900km dalla capitale e, infine, la Baia dei Porci, luogo che vide lo sbarco delle truppe statunitensi nel '61 e il loro annientamento in sole 72 ore. Tour impegnativo, forse troppo per la prima volta, ma che riuscimmo, tra peripezie e litigate, a portare a termine.

La seconda volta: la Vera Cuba
Il secondo viaggio, effettuato a novembre 2010, durò un mese e lo feci da sola, con uno zaino di 20kg sulle spalle e uno zainetto di 5kg davanti, utilizzando treni, camion, autostop, autobus locali per muovermi. Gli stessi cubani, soprattutto i miei "nonni" che mi affittavano la stanza, mi aiutarono a scegliere le soluzioni meno turistiche e più economiche. In questo modo scoprii la Vera Cuba, dotata di enormi contraddizioni ma, forse proprio per questo, sempre in grado di stupirmi: povertà ma sanità e istruzione gratuite, città e campagna, generosità e avidità, due valute (CUC ed MN), stranieri e cubani, con o contro il governo, le differenze sociali, etc.
Insomma, dopo 30 giorni ritornai con più domande che risposte, ma ben presto la "Cubanite", malattia di chi ha nostalgia della maggiore delle Antille, bussò di nuovo alla porta, e nel mezzo della crisi di nervi mi resi conto che la mia vita futura poteva prendere due strade: 1) Fare carriera in Italia e usare tutte le ferie e i risparmi per andare a Cuba; 2) Cercare di vivere e lavorare li', per acquietare definitivamente la cubanite. E, poiché "tentar non nuoce, ma i rimpianti si'", optai per la seconda soluzione, dato che per mettere in pratica la prima c'è sempre tempo.



Vivere e lavorare a Cuba, come?

Quel che non avevo ben capito all'inizio fu che mi aspettava un anno di inferno, prima di riuscire a vedere i frutti della mia piccola follia: a Cuba la burocrazia è atroce, e se non si hanno agganci la strada rischia di trasformarsi in un vicolo chiuso, per la semplice ragione che le aziende straniere, fra cui molte italiane, presenti sul territorio cubano difficilmente sono in cerca di personale, e, al contrario, sono sommerse di richieste da parte di persone che vorrebbero trasferirsi a vivere sull'isola.
Vivere e lavorare, lavorare e vivere. Le due cose sono connesse, perché chi trova lavoro a Cuba ha diritto a risiedere nel paese per tutta la durata del contratto di lavoro, che va rinnovato ogni anno. Altre soluzioni per poter ottenere la residenza sono: iscriversi a una Università cubana o sposarsi con cubano/a. Quest'ultima possibilità permette di accedere alla residenza permanente e, di conseguenza, a tutti i diritti/doveri dei cubani.
Nonostante queste reali difficoltà, sono riuscita a trovare lavoro, al primo tentativo, presso il distributore di auto KIA Motors e materiali per l'industria, Finauto International (www.finautointernational.com), azienda con Casa Madre in Liechtenstein ma con una dirigenza tutta italiana; e cosi', dopo 10 anni di sogni e con 26 anni sulle spalle, sono finalmente Residente Temporal a Cuba, come pure dimostra la mia Carta di Identità Cubana. Nel frattempo, mi sono laureata alla Magistrale in Linguistica e ho conseguito il Diploma della Scuola Galileiana con una tesi sull'unico italiano che partecipò alla rivoluzione.    

Io , Mao e i ritmi cubani
Vivo all'Avana, nel Vedado, ex quartiere della mafia e dei night ed ora sede della movida avanera: ristoranti, cinema, cabaret e universitari a passeggio. Vivo con 100 CUC al mese (circa 80 euro), ovvero come una cubana benestante.. cioè bene ma senza eccessi. La discoteca è cara, idem i locali, ma a me non piacciono; in compenso, le mie vere passioni sono reperibili a basso costo: lbri, teatro, balletto classico, cinema e opera lirica. Di recente ho visto i balletti Coppelia e Schiaccianoci, nonché la Boheme di Puccini, tutti spettacoli di ottimo livello e il cui costo non superava 1 CUC (0,80 centesimi di euro). I cubani adorano i cani, ma io ho di recente preso in adozione un gatto, Mao (Tse-Tung), un diavoletto di tre mesi che rallegra le mattine e i rientri serali dal lavoro. Quando non lavoro, guardo la Tv, assisto a più eventi pubblici, politici e culturali possibile, faccio pubbliche relazioni e, ovviamente, bado alla casa e faccio le spese. Qui i ritmi sono lenti, molto più lenti dell'Italia, ma a una persona ansiosa come me non possono che giovare.



E l’Italia?

Sinceramente dell'Italia non mi manca niente, fatta eccezione quando mi lamento per l'alto prezzo dell'olio d'oliva e del cibo in scatola.. ma risolvo tutto grazie ad amici italiani che, venendo a Cuba, mi portano questi alimenti voluttuari. Amo i cubani, ma mi fido di pochissimi: le truffe allo straniero sono sempre dietro l'angolo e anche chi vive da anni qui continua a cascarci; tuttavia ho conosciuto persone splendide che mi hanno offerto sostegno morale e materiale fin dall'inizio, appoggiando i miei sogni e i miei progetti. L'Italia è un paese molto amato dal popolo cubano, soprattutto per la moda e il cibo.



Sono tornata in Italia a marzo 2013, dopo un anno di assenza dall'Italia, per discutere la tesi della Scuola Galileiana, e ci ritornerò ogni qual volta sia necessario. Non odio l'Italia, semplicemente sto meglio qui, per ora.. e vorrei che il mio fidanzato Andrea mi raggiungesse per metter su famiglia e crescere a Cuba i nostri figli. Può darsi che decida tornare, ma se ciò accadrà sarà soltanto frutto di una decisione meditata a lungo, e soprattutto, non influenzata da genitori, amici o relazioni sentimentali.
Al momento sto cercando un dottorato a Cuba che faccia al caso mio, per non abbandonare il percorso accademico e formativo portato avanti fino ad ora.

Il futuro?
Me ne preoccuperò quando diverrà presente.



Di Emiliana Pistillo 15/05/2013