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giovedì 19 settembre 2013

Gli autobus abruzzesi in giro per Cuba

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Sono felice di pubblicare finalmente  questo post con un briciolo di orgoglio essendo abruzzese e a due passi dalla sede di Socialcuba.
Questa notizia era attesa da un’anno, da quando l’ARPA, l'agezia pubblica di trasporti mise in vendita alla simbolica cifra di 1 euro diversi autobus in disuso.
4 di questi furono acquistati dall’associazione e resi efficienti per poi essere donati a Cuba, in particolare alla scuola di Pinar del Rio ma anche in funzione di trasporto pubblico.
L’associazione ha progammi già eseguiti e in progetto di interscambio culturale e solidale con questa provincia ed in particolare con questa scuola di arte.
Qui sotto riposto un articolo pubblicato da un quotidiano locale ed una piccola clip del documentario realizzato alla consegna lo potete vedere qui: http://video.gelocal.it/ilcentro/locale/gli-autobus-abruzzesi-in-giro-per-cuba/17736
Gli autobus hanno il nome stampato ai lati di quattro giovani dipendenti dell'ARPA prematuramente scomparsi
NIKI

Dal Centro di domenica 15.09.13


Nella sede della Cgil a Teramo, alla presenza dell'ambasciatrice cubana in Italia Milagros Carina Soto Aguero, si è tenuta la proiezione del video “I nostri autobus in giro per Cuba”. Il reportage, realizzato a L'Avana, documenta l'avvenuta consegna di quattro autobus Arpa donati all'Università di arte plastica di Pinar del Rio. Il progetto di solidarietà ha visto collaborare insieme l'associazione Socialcuba, la Filt-Cgil e l'azienda di trasporti regionale. Ciascun mezzo è stato intitolato alla memoria di quattro lavoratori Arpa scomparsi prematuramente, Marco Curini, Gianfranco Cichetti, Pietro Cortellini e Sergio Pecorale. L'ambasciatrice è stata poi ricevuta a Palazzo di città dove ha incontrato il vicesindaco di Teramo Alfonso Di Sabatino e i rappresentanti dell'Unione industriale e dell'Ance (a cura di Fabio Iuliano)

Yoani Sánchez. Le mie parole durante il Forum 2000





17 Settembre 2013
  
Buona notte,
Sono passati ormai oltre dieci anni da quando mi capitò tra le mani per la prima volta il libro di Václav Havel Il potere dei senza potere. Era foderato con una pagina del periodico ufficiale del mio paese, il quotidiano del Partito Comunista di Cuba. Foderare i libri era uno dei tanti sistemi che usavamo per nascondere alla vista di informatori e polizia politica i testi scomodi e proibiti dal governo. In questo modo siamo riusciti a leggere clandestinamente tutto quel che è successo dopo dopo la caduta del muro di Berlino, la fine dell'Unione Sovietica, la trasformazione ceca e tutti gli altri eventi che hanno interessato l'Europa dell'Est. Siamo venuti a conoscenza di tutti quei cambiamenti, alcuni più traumatici, altri più fortunati, e in molti abbiamo sognato che il cambiamento arrivasse presto anche nella nostra Isola del Caribe, oppressa da oltre cinquant'anni di regime totalitario. Ma il cambiamento più che sperarlo devi costruirlo. I processi di cambiamento non arrivano da soli, i cittadini devono promuoverli.
Oggi mi trovo qui, proprio nella città dove nacque Václav Havel, un uomo che riassume come pochi lo spirito del cambiamento. Mi trovo anche davanti a molte persone che hanno promosso, dato impulso e personificato il desiderio di cambiamento delle loro rispettive società. Perché la ricerca di orizzonti caratterizzati da maggior libertà, è una componente essenziale della natura umana. Per questo motivo diventano così incomprensibili e innaturali quei regimi che tentato di governare in eterno sulle proprie popolazioni, immobilizzandole, togliendo ogni desiderio di sognare un futuro migliore.
Ai tempi di Václav Havel, Lech Walesa e tanti atri dissidenti dei regimi comunisti, furono messi in campo validi strumenti di lotta pacifica e sindacale, persino la creazione artistica si schierò al servizio del cambiamento. Adesso è venuta in nostro aiuto anche la tecnologia. Ogni volta che utilizzo un telefono mobile per denunciare un arresto o racconto nel mio blog la difficile situazione di tante famiglie cubane, penso a come sarebbero stati utili questi attrezzi fatti di schermi e tastiere per gli attivisti dei decenni precedenti. Le loro voci e i loro progetti sarebbero arrivati molto più lontano, se avessero potuto contare sulle reti sociali e su tutto il cyberspazio che oggi si apre davanti ai nostri occhi. Il WEB 2.0 ha rappresentato, senza dubbio, una spinta per quello spirito di cambiamento che tutti noi abbiamo dentro.
Oggi, per la prima volta, è presente al Forum 2000 una piccola delegazione di attivisti cubani. Dopo decenni di reclusione insulare durante i quali il regime del nostro paese impediva a molti dissidenti, giornalisti indipendenti e blogger alternativi di viaggiare all'estero, abbiamo ottenuto una piccola vittoria: ci è stato aperto il lucchetto delle frontiere nazionali. È una vittoria limitata, incompleta, perché ancora ne mancano molte altre. La libertà di associazione, il rispetto della libera opinione, la capacità di eleggere i nostri rappresentanti, la fine degli odiosi meeting di ripudio che ancora persistono nelle strade cubane contro coloro che pensano in maniera diversa rispetto all'ideologia dominante. Malgrado tutto, siamo in molti a sentire che Cuba sta cambiando. Un cambiamento che si sta verificando nel modo più irreversibile e fondamentale: dall'interno dell'individuo, nella coscienza di un popolo.
Molti di voi avranno influito su quel cambiamento. Molti di voi che siete arrivati prima alla libertà e vi siete resi conto che non è la fine del percorso, ma che la libertà porta nuovi problemi, nuove responsabilità, nuove sfide. Voi che nei paesi di appartenenza avete mantenuto vivo lo spirito del cambiamento, persino mettendo in pericolo i vostri nomi e le vostre vite. Come lo spirito del cambiamento contenuto in quel libro di Václav Havel, foderato – per mascherarlo – con le pagine del periodico ufficiale più immobilista e reazionario che si possa immaginare. Come quel libro, il cambiamento si può proibire, censurare, si può definire quasi una brutta parola, si può ritardare e demonizzare... ma alla fine arriverà.

Praga, 16 settembre 2013
Yoani Sánchez

Traduzione di Gordiano Lupi

CUBA-STATI UNITI: RIPRENDONO I COLLOQUI SUL SERVIZIO POSTALE DIRETTO




    di  Luca Pistone.  Scritto  il  17 settembre 2013  alle  7:00.

Stati Uniti e Cuba hanno iniziato ieri all’Avana il secondo round di colloqui su un eventuale ripristino del servizio di posta diretto tra i due paesi dopo mezzo secolo di interruzione.cubaposta

“Si lavorerà sui dettagli di un progetto pilota per offrire un servizio postale diretto”, recita una nota del dipartimento di stato Usa.
Le parti hanno concluso in giugno un primo incontro, definendolo “positivo e costruttivo”. La proposta, riportano i media statunitensi, è relativa all’invio di lettere, e non di pacchi o posta espressa.
La direttrice esecutiva dei servizi internazionali del servizio postale degli Stati Uniti, Lea Emerson, è alla guida della delegazione del suo paese ai colloqui, mentre i cubani sono rappresentati da José Cabañas, capo della sezione di Interessi a Washington,
Il servizio di posta diretta tra Cuba e Stati Uniti è stato interrotto nel 1963. Ciononostante, lettere e altra corrispondenza sono filtrate in entrambi i paesi separati da circa 145 chilometri attraverso altre nazioni.
Le relazioni tra i due paesi sono congelate dal 1959, anno in cui ha avuto luogo la rivoluzione cubana guidata dall’ex presidente Fidel Castro. Washington ha mantenuto contro l’Avana severe sanzioni economiche e commerciali per oltre mezzo secolo.
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha ripreso i colloqui sulla migrazione e il servizio postale con Cuba nel 2009, entrambi sospesi dall’amministrazione George W. Bush nel 2004.
Negoziazioni bruscamente troncate in seguito all’arresto nell’isola caraibica del contractor statunitense Alan Gross, condannato nel 2011 a 15 anni di carcere per il suo ruolo nella creazione di una rete illegale di internet che sfuggiva al controllo dello stato cubano.
Le autorità cubane hanno accennato ad un possibile scambio di Gross con quattro ex agenti dei servizi segreti cubani detenuti negli Stati uniti da 15 anni con l’accusa di spionaggio.

In agosto Cuba ha permesso per la prima volta la visita di un medico statunitense a Gross.

mercoledì 18 settembre 2013

Cuba, vescovi a Raul Castro: è momento riforma politica

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In lettera aperta, 13 prelati cubani chiedono società pluralista


‘Cuba è chiamata ad essere una società pluralista, essendo la somma di molte realtà cubane’


Riforme economiche sì, ma e' necessario anche un cambiamento "nell'ordine politico": e' il chiaro messaggio che la Chiesa cattolica cubana ha inviato al governo del presidente Raul Castro, attraverso una lettera aperta - con un titolo evocativo preso dall'epistola ai Romani: "la speranza non delude" - pubblicata oggi nel sito web della conferenza episcopale dell'isola (Cec). Nel testo, i tredici vescovi cubani sostengono che e' ormai "imprescindibile" che sia messa in atto "una attualizzazione, un aggiornamento della legislazione nazionale nell'ordine politico", cosi' come "sta gia' avvenendo nell'aspetto economico".
"Cuba e' chiamata ad essere una societa' pluralista, essendo la somma di molte realta' cubane, il che vuol dire in altre parole che Cuba e' la nazione di tutti i cubani, con le loro differenze e le loro aspirazione, anche se non sempre e' stato cosi'", si legge nella lettera. I vescovi riconoscono che negli ultimi anni "si e' aperta una tappa della nostra storia che comincia a mostrare le possibilita' che si aprono quando si applicano nel paese un insieme di misure che incidono sull'economico, il sociale e fino a un certo punto il politico" e sono "il riflesso chiaro, anche se per ora incompleto, di richieste da tempo presenti nella popolazione". Fra queste riforme i vescovi ricordano la liberalizzazione del settore agricolo, "la liberazione di coloro che erano stati imprigionati per le loro idee politiche" e "l'eliminazione di misure restrittive che attentavano contro la dignita' dei cittadini", come la proibizione di usare strutture alberghiere, costituire una piccola azienda, comprare e vendere proprieta' o viaggiare all'estero. Ora pero', incalzano, e' giunto il momento della riforma politica a Cuba, dove "lo Stato partecipativo deve sostituire definitivamente quello paternalista" e "non si deve temere lo sviluppo di una autonomia sociale forte e responsabile, rafforzata dalla base e in accordo con le norme di una convivenza civile, in grado di sviluppare un lavoro fraterno". I vescovi ammettono che esistono ancora forti resistenze a ogni cambio politico nell'isola, il che e' dovuto anche "a una mentalita', un modo di pensare che si basa su fattori ideologici che erano presenti nell'origine e lo sviluppo" del regime castrista "e si sono mantenuti nel tempo senza tenere conto che la nostra realta' e' cambiata". Fra i settori nei quali la Chiesa afferma sia necessario un cambiamento c'e' anche il rapporto con gli Stati Uniti, andando verso "una politica di inclusione, in base al rispetto delle differenze, che permetta di attenuare le tensioni e le sofferenze che vivono numerose persone e famiglie".